sabato 8 maggio 2010

Libertango

Entrare in un negozio di dischi per comprare un album di Astor Piazzolla talvolta può rivelarsi un'impresa ardua, dato che con molta probabilità saremo costretti a barcamenarci tra i reparto jazz, quello di tango e quello di musica classica.
Astor Piazzolla infatti, oltre ad un immensa discografia, ci ha risparmiato anche l'onere di trovare una definizione per la sua musica, egli infatti la definiva così: "è 10% di tango puro e 90% di musica classica contemporanea".
Considerato un traditore dai suoi connazionali argentini - in Argentina tutto può cambiare, tranne il tango - Piazzolla, grazie ad un amore per la sperimentazione e ad una formazione musicale che gli ha permesso di ampliare i propri orizzonti, non solo ha infranto questa regola, ma anzi, ha consentito a questa musica di evolversi e ricevere consensi in tutto il mondo, America del nord ed Europa comprese.
A questo punto diamo un breve sguardo alla sua vita.

Astor Pantaleón Piazzolla nasce da figli di emigrati italiani a Buenos Aires nel 1921, ed il suo primo primo contatto con la musica avviene all'età di 6 anni, quando riceve in regalo dal padre un bandoneón.
Una volta trasferitosi a New York, i genitori nonostante i problemi economici lo incoraggiano nella sua passione fino a permettergli di studiare con il pianista Bela Wilda che, oltre trasmettergli l'amore per Bach e la musica classica, riadatterà molti brani classici per il suo bandoneón, consentendogli di diventare molto presto un virtuoso.
Nel 1937 Astor compie un importante decisione: tornare in argentina e diventare un tanguero. Arrivato a Buenos Aires riesce a lavorare come bandoneista nell'orchestra di Aníbal Troilo, uno dei complessi più blasonati ed importante nella storia del tango.
Ma la sua crescita non si ferma qui, perché all'età di vent'anni intraprende studi di pianoforte e composizione che, come dicevamo qualche riga più su, gli hanno concesso di allargare i suoi orizzonti ed addirittura rassegnare le dimissioni dall'orchestra di Troilo, in quanto imponendogli limiti stilistici finì irrimediabilmente per limitare la voglia di Astor di mettere alla prova i suoi studi.
Dopo aver fondato un'orchestra propria, dopo aver studiato a Parigi con Nadia Boulangher e dopo essere tornato a New York per lavorare come arrangiatore, alla notizia della morte del padre Vincente (1959) Astor scriverà una delle sue opere più popolari e commoventi: Adiós Nonino.
Sarà la convinzione che il tango sia più una musica da ascoltare che ballare, ma Astor troverà sempre una forte resistenza a far accettare le proprie idee musicali soprattutto in terra natìa.
Nel 1978 con suo Sexteto raggiungerà finalmente la fama mondiale, prima di venir colpito da un ictus nel 1990 e spegnersi a Buenos Aires il 4 luglio del 1992.

La mia conoscenza della musica di Astor Piazzolla la devo soprattutto ad Al di Meola, grande amico ed interprete del suo repertorio.
Quest'ultimo infatti, formato da musica sinfonica, operistica, da camera, da canzoni e, ovviamente, centinaia di tanghi, può essere inteso come un corpus unico, con un unico filo conduttore composto dalla musica di Buenos Aires.
Il tango quindi diventa allo stesso tempo fonte di ispirazione e soggetto primario che, miscelandosi ad elementi classici (dal basso ostinato al contrappunto) ed a inserti di free jazz è diventato un vero punto d'incontro tra culture apparentemente distanti, in grado di abbattere barriere e pregiudizi.
Vicinanza laddove si vede lontananza, grazie Astor!

Vi lascio a due interpretazioni di Liberango, il brano che da il nome al post (tra i più famosi del maestro di Buenos Aires), fatte da due artisti diversi e (apparentemente) lontani: Al di Meola e Yo-Yo Ma.